Operazione Wodehouse



 La camionetta sussultava ogni qual volta passavamo sopra una buca o un dosso. Ogni sussulto coincideva con il fruscio dei nostri Beretta ARX160 A3, fucili d’assalto calibro 5,56 × 45 mm NATO in grado di sparare 800 colpi al minuto. Insomma, non proprio dei giocattoli. Adatti per il lavoro che ci attendeva.

Nel retro della camionetta erano stipati 8 dei più grandi figli di puttana che avessi mai conosciuto in vita mia: mercenari, psicopatici, ex-militari disonorati o semplicemente gente a cui piaceva uccidere; spesso tutt’e quattro coincidevano. I loro volti una mappa caotica di cicatrici e fratture mai del tutto guarite. La loro pelle irta e scomoda da indossare. I loro occhi erano pozzi senza fondo scavati dai rimorsi e dagli orrori del passato. La loro mente uno straccio consunto a cui anni di torture subite e praticate avevano strappato le fibre. Anni di droghe e alcool avevano fatto il resto.

<<Ragazzi, ricordate: entriamo, facciamo ciò per cui siamo venuti e usciamo. Semplice e pulito.>>

Arrivammo davanti alla villa al calare delle tenebre. Spento il motore, oltre alle cicale eravamo immersi nel silenzio.

Scendemmo dalla camionetta e calati i passa montagna indossammo gli auricolari e ci riunimmo nel cortile frontale dell’abitazione.

<<Orologi?>> chiesi.

<<Sincronizzati>> risposero in coro i figli di puttana.

<<Fucili?>>

<<Carichi.>>

<<Paura?>>

<<Mai.>>

<<Bene. Dichiaro ufficialmente partita l’operazione Wodehouse.>>

Sfondai con un calcio ben assestato la porta d’ingresso. Il silenzio era l’ultimo dei nostri problemi oramai. Perquisimmo ogni stanza mentre uno di noi le cospargeva di benzina. Arrivati alla fine di un lungo corridoio trovammo finalmente ciò che cercavamo.

Due uomini, uno seduto su una poltrona e uno in piedi accanto a lui, erano fermi davanti a un caminetto alla fine di una lunga sala da pranzo. Uno di loro, quello in piedi, era vestito nella tipica livrea da maggiordomo e teneva in mano un vassoio vuoto mentre quello seduto era impegnato ad emettere anelli di fumo dopo aver aspirato gravemente da una pipa in legno.

<<Chi sarebbero questi uomini, Lloyd?>>

<<Sembrerebbero militari o, cosa più probabile, paramilitari, sir.>>

<<E cosa fanno nella mia dimora, Lloyd?>>

<<Una domanda interessante, sir. La stessa domanda potremmo rivolgerla a certi sgraditi sentimenti che a volte infestano il nostro animo, sir.>>

<<STATE ZITTI PEZZI DI MERDA>> gridai dall’altra parte della sala.

Saltai sul lungo tavolo da pranzo e incominciai a calciare via qualsiasi cosa mi si parasse davanti: candelabri, pezzi d’argenteria, vassoi della frutta e preziosi bicchieri di cristallo. Intanto i figli di puttana facevano a pezzi l’arredamento disintegrando sedie e squarciando quadri.

<<Stanno distruggendo tutto, Lloyd!>>

<<Niente che non si possa riparare con un po’ di sana pazienza e un pizzico d’intramontabile amore, sir.>>

Dopo dieci minuti di frenetica corsa arrivammo ai due uomini, lasciandoci alle nostre spalle una scia di caos e distruzione.

<<Bene bene>> dissi, <<Bertie e Jeeves vogliono esprimere un ultimo desiderio prima di crepare?>>

<<Non mi piace come si rivolge a noi, Lloyd.>>

<<Sfortunatamente l’educazione e il buon gusto non sono state distribuite equamente nella nostra società, sir.>>

<<Ma andate a fare in culo tu e sir. Ragazzi, diamo il via alle danze.>>

Un’interminabile tempesta di proiettili si scatenò sui due uomini rendendoli protagonisti di una danza spasmodica. Le lunghe ombre proiettate dal caminetto sembravano volerci afferrare come in un ultimo tentativo di fermarci. Nulla poteva fermare quella carneficina. Tutto ciò che si sentiva nella stanza erano le esplosioni dei nostri fucili mentre le migliaia e migliaia di bossoli vuoti si accumulavano ai nostri piedi e le nostre risate euforiche consapevoli che ogni loro proiettile aveva centrato il bersaglio.

Dopo un’ora tutto ciò che rimaneva di Lloyd e Sir era un informe pappetta rossastra sparsa per tutto il pavimento, buoni giusto per farci un hamburger. Usciti dalla villa mi guardai indietro un’ultima volta e, preso un fiammifero, lo accesi lanciandomelo alle spalle . Le fiamme divamparono velocemente riempiendo l’aria di legno bruciato e carne alla brace.

Mi venne fame.

Mangiammo McDonald’s quella notte.

Commenti

Post popolari in questo blog

Un'indagine ad Altadefinizione

Quando c'era Habbo

Nel mondo dei videogiochi per adulti