Un principe cerca soldi

 


«Il dottor Livingstone, suppongo»

Così il giovane esploratore gallese Henry Morton Stanley avrebbe salutato il disperso missionario scozzese David Livingstone, malato e a corto di scorte, comparendo sulla soglia della sua capanna a Ujiji (l’attuale Tanzania) sulle rive del lago Tanganica.

Assunto dal giornale statunitense l’Herald, Stanley si mise in viaggio alla ricerca del dottor Livingstone fra mosche tse-tse, dissenteria e malaria in un territorio ostile a causa delle guerre locali per il controllo del commercio dell’avorio.

Questo è solo uno degli aneddoti più famosi riguardanti l’esplorazione del continente africano da parte degli europei fra il XIX e il XX secolo, quando ancora la maggioranza dei suoi territori rappresentava un mistero per i cartografi di tutto il mondo.

Richard Francis Burton, John Hanning Speke, i già citati Stanley e Livingstone, sono solo alcuni nomi fra i più famosi esploratori dell’Africa ad aver alimentato la fantasia degli occidentali in quegli anni, attraverso diari di viaggio e resoconti delle spedizioni in cui descrivevano i paesaggi africani e le insolite usanze dei nativi.

Col passare del tempo l’Africa da terra di misteri è passata a essere terra d'incertezze, principalmente per colpa della colonizzazione e dello sfruttamento delle risorse territoriali da parte degli stati colonizzatori. Dalla seconda metà del ‘900 questo conteso continente è stato protagonista di innumerevoli guerre, colpi di stato, scandali politici e trasformazioni territoriali che hanno reso la sua storia tra le più ricche di eventi nel secolo scorso e anche per questo difficile da seguire o comprendere pienamente, complice una narrazione da parte dei mass media superficiale, fuorviante e spesso stereotipata proprio basata sulla narrazione degli esploratori europei del XIX secolo.

Questa premessa ci servirà per capire uno dei fenomeni più famosi su internet che il continente africano abbia mai prodotto: la truffa alla nigeriana.

Etichettarla come fenomeno di internet però sarebbe limitante, infatti potremmo considerarla la capostipite delle truffe informatiche, definendo un modus operandi che, nonostante alcune variazioni, sopravvive ancora ai giorni nostri.

La prima volta che sentii della truffa alla nigeriana fu in un servizio di Striscia la notizia in cui venivano mostrati dei poveri malcapitati a cui era arrivata un email da parte di un misterioso principe della Nigeria che aveva bisogno del loro aiuto per sbloccare il conto corrente della famiglia reale nigeriana. Per fare ciò, le vittime dovevano mandare dei soldi per poter avviare la pratica di sblocco del conto corrente e in cambio il principe africano gli avrebbe dato parte dell’inestimabile tesoro reale. Ovviamente non esisteva nessun principe nigeriano, i soldi sparivano nel nulla e ai poveri malcapitati non rimaneva altro che rivolgersi alle forze dell’ordine o, come in questo caso, a Striscia la notizia.

La prima cosa che pensai, nonostante fossi un bambino abbastanza stupido, fu: “Ci sono cascati davvero?”. Sì, ci erano cascati davvero e con loro centinaia di altre persone in giro per il mondo, soprattutto nel continente asiatico. Una tipologia di truffa che va avanti da molti anni, mietendo vittime non solo fra anziani ingenui o disperati attirati dalla promessa di enormi ricchezze ma perfino fra manager di multinazionali e personaggi di spicco del mondo della finanza.

Unitevi insieme a me e, come gli esploratori europei alla ricerca della sorgente del Nilo, andiamo alla scoperta delle origini di questa leggendaria truffa informatica.



Alle origini del mito

Alcuni degli esempi più antichi e famosi della truffa alla nigeriana sono datati circa alla fine del XVIII sec. e non c’entrano nulla con la Nigeria, anzi erano molto diffusi in Francia e sono conosciuti come Le lettere di Gerusalemme. Negli anni successivi alla Rivoluzione francese vennero recapitate a molte benestanti persone lettere da parte di un prigioniero che dichiarava di essere il valletto di un nobile arrestato durante i moti rivoluzionari del 1789. Il valletto, in condizioni di salute precaria come diceva la lettera, chiedeva al destinatario una certa somma di denaro per sopravvivere alle durissime condizioni della prigione in cui era incarcerato. In cambio il valletto avrebbe rivelato il luogo in cui durante la fuga con il suo padrone avrebbe sepolto i tesori di quest’ultimo e i gioielli della consorte. Eugène-François Vidocq (1775-1857), un criminale francese divenuto in seguito investigatore privato, descrisse questa truffa come funzionante in due casi su dieci, e che i truffati erano quasi sempre dei nostalgici verso l’Ancien Régime.

Sempre grazie a Vidocq siamo venuti a conoscenza di un’altra truffa simile chiamata La truffa del prigioniero spagnolo e, attraverso le sue memorie, conosciamo il suo funzionamento:

La vittima veniva approcciata (di persona o per posta) dal truffatore che, in gran segreto, gli confidava di essere il parente -o conoscente- di un importante nobile spagnolo imprigionato sotto falsa identità. Poiché il prigioniero non poteva rivelare la propria identità ai propri carcerieri senza gravi ripercussioni su di sé e sul nome di famiglia, aveva bisogno di denaro per uscire di galera. Ovviamente questi soldi doveva fornirli la vittima che sarebbe stata ricompensata dal nobile stesso con grandi somme di denaro e, con molta probabilità, gli avrebbe concesso la mano della sua bellissima figlia.

Il resto potete immaginarvelo: la vittima dà i soldi al truffatore, quest’ultimo gli dice che ci sono state problematiche e sono necessari altri soldi, la vittima ci crede e continua a dare soldi finché non si ritrova al verde o capisce di essere stato truffato.

Questa truffa a differenza di quella del valletto francese è rimasta in circolo molto più a lungo. Come riportato dal sito Queryonline (INSERIRE LINK), diversi giornali italiani riportarono fra il 1891 e il 1953 diversi casi di tentativi di truffa del prigioniero spagnolo.

Negli stessi anni in diversi paesi del continente africano i casi di truffa per posta non mancavano. La maggior parte di essi riguardavano sedicenti stregoni che promettevano cure miracolose o intrugli magici dietro lauto compenso; fogli di carta vuoti che, grazie a una speciale formula chimica, si sarebbero trasformati in banconote; oggetti mistici e così via. Nel 1949, venne alla luce il caso di un quattordicenne nigeriano che, fingendo di essere il “Principe Bil Morrison”, truffava decine di cittadini americani chiedendo di mandargli dei soldi in cambio di diamanti, avorio e altri oggetti esotici di lusso.

Saltiamo agli anni ’90. Fra vari colpi di stato e ascese al potere di governi militari, nel paese incomincia a diffondersi Internet e l’accesso ad esso diventa possibile a chiunque grazie alla proliferazione di Internet Café. Usando una tattica già consolidata dai loro connazionali in passato, ovvero quella di mandare lettere a banche americane spacciandosi per membri della Nigerian National Petroleum Corporation in cerca di posti sicuri in cui depositare i propri fondi in cambio di una percentuale su quest’ultimi, i giovani frequentatori degli Internt Café incominciarono a mandare migliaia di email per il mondo fingendo di essere donne in cerca di un marito, soldati americani impegnati in qualche conflitto in Medio Oriente o, appunto, membri della famiglia reale. Questi rampolli della truffa online divennero presto famosi come gli “Yahoo Boys”, entrando a far parte della cultura popolare del paese. Ma chi sono questi Yahoo Boys?

Per di più giovani universitari e laureati che, incerti sul loro futuro e delusi dalle inesistenti opportunità di lavoro una volta finiti gli studi, si buttano anche loro nelle truffe online inseguendo il sogno di un guadagno facile e dalla prospettiva di diventare un giorno ricchi. Guadagnare dalle truffe è per loro un modo di “riscattarsi”, di ribellarsi a un sistema corrotto e a una classe dirigente impegnata solo a pensare ai propri interessi. Vedono una certa ironica vendetta nel truffare i cittadini di quei paese che secoli prima hanno depredato le loro terre. Un’idea quasi romantica della truffa, se non fosse per le conseguenze delle loro azioni. Non sono rari i casi in cui una vittima resasi conto oramai troppo tardi di esser sta truffata si sia tolta la vita; oppure rimane completamente al verde dopo aver dato i risparmi di una vita al truffatore. Molte di queste persone subiscono gravi traumi psicologici come l’incapacità di fidarsi nuovamente delle persone che le circondano, anche a causa dello stigma sociale dopo che la notizia della truffa è diventata di opinione pubblica. Quante volte abbiamo sentito commentare notizie del genere con “Che stupidi!” oppure “Se sono così cretini, se la sono meritata!”.

Nel 2003 a Praga, dopo esser cascato in una truffa alla nigeriana, il settantaduenne ceco Jiří Pasovský si recò dal funzionario dell’ambasciata nigeriana Michael Lekara Wayid chiedendogli di restituirgli una somma di 500'000 euro in corone che gli era stata sottratta illecitamente. Quando il funzionario si rifiutò, Jiří estrasse una pistola e gli sparò, uccidendolo.

Non sono nemmeno rari i casi contrari dove, a essere uccise, rimangono le vittime delle truffe, soprattutto nei casi in cui le vittime vengono attirate in qualche luogo specifico invitandole a portare con se ingenti somme di denaro, come spesso accade nelle truffe romantiche.

Cercando Yahoo Boys su Google, ci si trova spesso davanti a pagine web che trattano questi truffatori come se fossero dei veri e propri imprenditori e self-made man: "I PIÙ RICCHI YAHOO BOYS DEL 2022"; "TOP TEN YAHOO BOYS PIÙ RICCHI DELLA NIGERIA" e ovviamente non poteva mancare la guida "IMPARA A DIVENTARE UNO YAHOO BOY IN NIGERIA, OTTIENI GLI ULTIMI FORMAT DELLA TRUFFA DEGLI YAHOO BOYS". Il tutto corredato da foto di giovani con macchine di lusso e pile di soldi. Insomma, gli ideali romantici hanno fatto posto al desiderio di arricchirsi velocemente. Non mancano nemmeno gli articoli di giornali online che riferiscono di "money-rituals", ovvero di Yahoo Boys o sospettati in quanto tali che praticano sacrifici umani per avere in cambio denaro e successo negli affari da qualche divinità. Recente il caso di Afeez Olalere che, sotto l'influenza della madre e del suo erborista, avrebbe avvelenato il fratello minore per avere successo nelle truffe.


Il genere di truffe esercitate dagli Yahoo Boys divennero così diffuse che vennero rinominate 419 scam, dal numero dell’articolo nel codice penale nigeriano riguardante questo genere di crimini.

Riporto qui il testo di una di queste truffe:

IO SONO SGN. STEPHEN ABU, UN AMICO INTIMO DI MOHAMMED ABACHA FIGLIO DELL'ULTIMO CAPO DI STATO NIGERIANO CHE STA AFFRONTANDO ORA UNA SERIE DI DIFFICOLTA CAUSATE DALLA MAL AMMINISTRAZIONE E MANCANZE DEL PADRE - USO ILLECITO DI DENARO PUBBLICO. HO OTTENUTO IL TUO CONTATTO DA UN AVVOCATO RISPETTABILE DI QUESTO PAESE MA NON GLI HO SPIEGATO LE MOTIVAZIONI PER CUI HO BISOGNO DEL TUO CONTATTO. PRIMA DELLA SUA DETENZIONE MUHAMMED MI CHIAMO PRESSO LA SUA ABITAZIONE MOSTRANDOMI UN ENORME CASSAFORTE BEN NASCOSTA E CUSTODITA CONTENENTE 56 MILIONI DI DOLLARI. MI SPIEGO CHE QUEL DENARO ERA PARTE DELL'EREDITA RICEVUTA DAL PADRE E MI PREGO DI CUSTODIRLI PORTANDOLI FUORI DAL PAESE FINO A QUANDO NON SAREBBE STATO LIBERATO DALLE PESANTI ACCUSE MOSSE CONTRO DI LUI DAL NUOVO GOVERNO. ALLORA DECISI DI TRASFERIRMI A COTONOU IN BENIN PORTANDO CON ME L'INTERA SOMMA. ORA TI STO CONTATTANDO AFFINCHE TU POSSA SCENDERE QUI IN COTONOU PER INIZIARE GLI ASPETTI DELLA TRATTATIVA. ALTERNATIVAMENTE POSSO CARICARE PARTE DEL DENARO SUL TUO CONTO CORRENTE E DA LI EFFETTUARE LE TRANSAZIONI. HO DECISO DI DARTI IL 25% DEL TOTALE AFFINCHE TU POSSA CUSTODIRE IL 40% DELLA SOMMA FINO A QUANDO IL MIO AMICO MUHAMMED NON VERRÀ LIBERATO.


TI PREGO DI TENERE IL TUTTO NELLA MASSIMA SEGRETEZZA E CONFIDENZIALITA. TI ASSICURO CHE È AL 100% SICURO E CHE LA TRANSAZIONE AVRA SUCCESSO E NESSUNO MMI POTRA DISTURBARE IN QUESTO NUOVO PAESE IN CUI MI TROVO PERCHE NON SONO POPOLARE QUI.


TI PREGO DI RISPONDERE IL PIU PRESTO POSSIBILE SU QUESTA EMAIL ************** ED ACCETTARE LA TRANSAZIONE IMMEDIATAMENTE.


I MIEI MIGLIORI AUGURI”


Molto verosimile, no?

No, avete ragione. Allora qual è il senso di mandare email del genere se sono visibilmente delle truffe? Bè, dovete considerare che email di questo tipo vengono inviate dai truffatori a decine di migliaia di persone ogni giorno e solitamente chi è già consapevole della truffa si limita semplicemente a ignorare l’email, permettendo ai truffatori di lavorare in modo indisturbato e con la certezza di poter truffare facilmente chi invece risponde.


La truffa oggi

Oggigiorno, gli Yahoo Boys e i vari truffatori sparsi per il globo preferiscono le aziende ai privati cittadini, ma le aziende, attraverso un sistema che ricorda più il Phishing che la truffa alla nigeriana.

Prendiamo per esempio uno dei casi più eclatanti successo negli ultimi anni:

Obinwanne Okeke, 28 anni, giovane imprenditore nigeriano, è ritratto in copertina sulla rivista di Forbes Africa che lo definisce come uno tra i più importanti imprenditori africani. Orfano di padre a sedici anni, la vita per lui e i suoi sedici fratelli si prospettava dura a Ukpor, il loro villaggio. Questo però non fa altro che motivare ancora di più il nostro Obinwanne che, nel giro di pochi anni, riesce a prendere un master in relazioni internazionali e antiterrorismo alla Monash university, a Melbourne. Nel 2013 fonda in Nigeria l’Invictus, azienda di alloggi economici ed ecologici, che ben presto si allarga al Sudafrica, al Botswana e allo Zambia, arrivando a guadagnare dieci milioni di dollari.

Mentre nel 2016 Obinwanne Okeke posava per la copertina di Forbes Africa, l’imprenditore nigeriano aveva incominciato ad affiancare ai guadagni dell’azienda quelli di un’altra attività: la truffa per email.

Il 1° aprile del 2018 Obinwanne manda un email al direttore finanziario della Caterpillar, azienda inglese specializzata nel settore agricolo. Nell’email veniva chiesto al direttore di autenticare il suo account di Microsoft Office 365. Ovviamente il sito a cui portava il link dell’email era falso, creato appositamente da Okeke e dai suoi soci per ricavare il nome utente e la password della sua vittima. Da questi danti sono riusciti a entrare nella casella di posta elettronica del direttore, copiare dalle email trovate all’interno loghi e fatture di clienti e fornitori della Caterpillar e usare questi per mandare false fatture e conti da pagare al direttore. Sempre ovviamente, nessuno si è accorto di niente e ci sono voluti quindici pagamenti e tre milioni di dollari persi prima che la Caterpillar sentisse odore di bruciato.

Contattata l’Fbi nel giugno del 2018, le indagini portano all’arresto di Obinwanne Okeke nell’agosto del 2019. Come?

L’account di uno dei falsi indirizzi di posta elettronica inviati da Obinwanne aveva registrato degli accessi nelle stesse località visitate da Obinwanne e perfino nello stesso periodo, come testimoniato dai suoi post su Instagram.


Obinwanne Okeke si arricchiva attraverso le BEC, ovvero le “business email compromise”, quel tipo di email false indirizzato specificatamente alle aziende. Esistono numerosi gruppi, con sede nel continente africano ma anche nell’Asia meridionale, specializzate in questa tipologia di truffa. Recentemente l’Interpol insieme alle forze di polizia nigeriane è riuscita ad arrestare la Silver Terrier, un gruppo di cyber-criminali che, grazie alle BEC, avevano messo a segno più di 50.000 truffe e ottenuto i dati di 800.000 utenti ignari. La cosa più allarmante venuta fuori da questa indagine però e un’altra: la rete di complici che gravitava intorno alla Silver Terrier si attesta su circa 500 individui.


Quindi, se ricevete email da parte di qualche principe nigeriano a proposito di qualche somma in denaro da mandargli per sbloccare un conto estero, fatemelo sapere. Se ci mettiamo in due possiamo raccogliere i soldi da mandargli più velocemente.

Prima di lasciarci vi consiglio di farvi un giro sul canale youtube di esix, dove viene mostrato come agiscono questi truffatori digitali.

È chiaro come, in un mondo in cui internet e la tecnologia risultino avere un impatto sempre più importante su di noi e su chi/cosa ci circonda, educare i cittadini di qualsiasi fascia d’età nell’utilizzo corretto di internet sia diventato una necessità al pari dell’educazione civica nelle scuole. Non bastano giornate dedicate alla “educazione digitale” una volta all’anno, ma un programma a lungo termine che informi a 360° all’uso di quello che oramai è diventato internet oggi: la più grande fonte da cui l’umanità attinge quotidianamente per informarsi, educarsi, lavorare, intrattenersi e interagire con altri esseri umani.

Non fatevi fregare.

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